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1. Scelta di trattamento per tumori del rene

Il trattamento di scelta del tumore del rene localizzato è l’asportazione chirurgica. Quando le dimensioni del tumore sono inferiori ai 7 cm (stadio T1) le linee guida suggeriscono di effettuare una chirurgia di tipo conservativo, asportando solo la lesione e risparmiando la parte sana dell’organo (nefrectomia parziale o tumorectomia renale). Ad oggi numerosi studi clinici hanno confermato la sicurezza del trattamento conservativo, con sovrapponibile sopravvivenza cancro-specifica per i due tipi di intervento chirurgico (nefrectomia radicale vs parziale) per neoplasie in stadio T1. La nefrectomia parziale comporta migliore preservazione della funzionalità renale complessiva e minore rischio di patologia cardiovascolare successiva.

In caso di tumori di dimensioni maggiori o in caso di lesioni con caratteristiche particolari, l’indicazione è l’asportazione chirurgica radicale dell’organo (nefrectomia radicale). La nefrectomia radicale può essere eseguita per via laparotomica, ovvero a cielo aperto, tramite incisione sotto l’arcata costale o sul fianco, oppure per via minimamente invasiva, laparoscopica o robot assistita. In quest’ultimo caso, il rene vie rimosso tramite piccole incisioni addominali all’interno delle quali sono introdotti gli strumenti chirurgici.

Se alla diagnosi sono già presenti localizzazioni a distanza del tumore (tipicamente al polmone, ossa ed encefalo) viene proposta una terapia farmacologica con chemioterapici ed immunoterapici. Anche in caso di malattia diffusa può comunque trovare indicazione l’asportazione del rene malato (nefrectomia citoriduttiva), in quanto la rimozione del tumore primitivo insieme alla chemio- o immunoterapia può migliorare il risultato oncologico del paziente con tumore del rene metastatico e buon performance status.

1.1 Trattamenti alternativi

Qualora l’intervento sia a rischio per fragilità del paziente, e nei casi in cui la neoformazione è inferiore a 3-4 cm, la sorveglianza attiva (Figura 1) mediante esami radiologici di controllo si è dimostrata essere un’opzione percorribile; analogamente in questi casi si possono proporre trattamenti alternativi come la ablazione con radiofrequenze o la crioablazione.

 

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Figura 1. Sorveglianza attiva per tumore del rene Linee Guida EAU

 

2. Pianificazione preoperatoria

La pianificazione dell'intervento si fonda sull'analisi delle immagini di TAC o Risonanza Magnetica addominale con mezzo di contrasto, che vengono recate in visione al chirurgo da parte del paziente. Tali immagini permettono di visualizzare elementi essenziali come posizione, dimensione, caratteristiche del tumore, nonché della sua vicinanza rispetto alle vie urinarie o strutture anatomiche nobili da risparmiare in corso di intervento. La  presenza di mezzo di contrasto, iniettato per via endovenosa, consente inoltre di valutare quali vasi sanguigni debbano essere chiusi o controllati in corso di intervento, in modo da evitare sanguinamenti rilevanti, e quali accuratamente evitati.

La   complessità dell’intervento di tumorectomia renale robotica dipende in larga parte dalla complessità del tumore. Il tumore del rene viene definito infatti non solo dalle sue dimensioni, ma anche dalla localizzazione, da quanto è esofitico/endofitico (ovvero quanto fuoriesce dal profilo del rene), quanto si approfondisce e prende contatto con strutture interne al rene come i vasi o la via escretrice. 

Esistono sistemi di valutazione della complessità del tumore del rene, come il PADUA score e il RENAL score, che aiutano il chirurgo a prevedere quanto sarà complesso l'approccio chirurgico e il possibile risultato.

Piu recentemente sono stati sviluppati sistemi di ricostruzione tridimensionale delle immagini TC o RM (Figura 2), che una comportano una migliore conoscenza anatomica e guidano il chirurgo nella pianificazione dell’intervento e nella sua esecuzione. L’imaging 3D consente di collocare visivamente il tumore all’interno del rene, comprenderne i suoi rapporti con le strutture circostanti; questi sistemi sono disponibili via web e consentono al chirurgo la “navigazione" dell’immagine sia prima che durante l’intervento.

Imaging 3D
Figura 2. Imaging 3D per tumore renale sinistro, software DocDo

Possono risultare utili anche per il counselling, cioè per spiegare le caratteristiche della massa e condividere con il paziente la strategia chirurgica.

Insieme al Dott. Aurus Dourado Menezes, Brasile, ho approfondito le applicazioni e l’utilizzo di questa tecnologia ed i dati emersi sono stati oggetto di pubblicazioni e abstract (Figura 3 e 4).

 

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Figura 3. Abstract sull'imaging 3D , SRS 2022
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Figura 4. Pubblicazione sulla ricostruzione tridimensionale mediante software DocDO, BJUI 2020

 

Infine, la chirurgia robotica consente il trattamento chirurgico di malattie del rene anche molto complesse.

E’ il caso di tumori renali di elevate dimensioni, oppure il caso di condizioni renali complesse, come la malattie in pazienti con reni “a ferro di cavallo”, rara anomalia anatomica.

Vi invito, se foste interessati, ad esplorare la videogallery per visualizzare esempi di tali interventi, condotti dalla nostra equipe.

2. Ruolo della chirurgia robotica nella tumorectomia renale

La tumorectomia renale, come si può facilmente evincere dalla denominazione, è una chirurgia conservativa che consente di rimuovere la lesione tumorale, conservando la maggior quota possibile di parenchima (tessuto funzionale) del rene, così da massimizzare il mantenimento della funzionalità dell’organo residuo. A seconda del quadro clinico, può essere asportata solo la massa tumorale oppure anche porzioni di tessuto più o meno ampie circostanti la  stessa (nefrectomia parziale o enucleoresezione).

In sala operatoria, il paziente, sottoposto ad anestesia generale, viene posizionato sul fianco in modo da esporre il più possibile il fianco del rene affetto da processo tumorale. I chirurghi effettuano 5 o 6 incisioni di 1-2 cm l'una, insufflano la cavità addominale del paziente con la CO2 in modo da creare una camera di lavoro e introducono i trocar, strumenti simili a cannucce che consentono la comunicazione tra l'esterno e l'interno dell'organismo del paziente. Si procede, pertanto, al posizionamento della telecamera tridimensionale, degli strumenti robotici e laparoscopici.

Il chirurgo, attraverso la console, manovra i bracci robotici, isolando il rene dagli organi circostanti, evidenziando le strutture adiacenti da conservare (uretere e vasi renali arteriosi e venosi) ed esponendo la massa tumorale. Previo eventuale campeggio (chiusura temporanea) dei vasi vascolarizzanti la porzione di rene interessata dalla massa tumorale, si procede alla rimozione del tumore e alla successiva sutura del tessuto renale residuo. Se precedentemente interrotto, viene ripristinato il flusso sanguigno a carico del rene, perfezionata l'emostasi, rimosso il pezzo operatorio (che verrà poi analizzato in anatomia patologica per fornire un esame istologico definitivo) e suturate le brecce chirurgiche.

Il sanguinamento è uno dei rischi principali dell'intervento, essendo il rene un organo molto vascolarizzato: è importante sottolineare che nella chirurgia conservativa il rischio di emorragia è maggiore, proprio poiché viene risparmiato parenchima renale che permane vascolarizzato.

La chirurgia robotica consente una maggiore precisione nella dissezione, sia per la visione tridimensionale che per la magnificazione dell’immagine, ma anche per l’assenza di tremori e il maggiore grado di movimento degli strumenti, maggiore rispetto quanto sia possibile ottenere con il polso umano o con gli strumenti della laparoscopia convenzionale. Per questi motivi, gli studi più recenti confermano un risultato migliore a favore della chirurgia robotica, soprattutto come risultati peri- e post-operatori. In particolare, la precisione della dissezione chirurgica con l’uso del robot comporta minori perdite ematiche e, globalmente, minore tempo di degenza ospedaliera. Anche il tempo intra-operatorio di ischemia che il chirurgo applica al rene, necessario per limitarne il sanguinamento mentre si asporta la massa, sembra essere inferiore con la chirurgia robotica, garantendo quindi un migliore ripristino della funzionalità renale nel decorso post-operatorio.

Oltre al sanguinamento, gli altri rischi della tumorectomia renale possono essere: infezioni, trombosi venosa profonda degli arti inferiori legata all’immobilizzazione e insufficienza renale. La presenza di brecce chirurgiche di minime dimensioni permette una più rapida mobilizzazione e ripresa dell’attività quotidiana del paziente.

Nella personale esperienza, potendo con l’introduzione della chirurgia robotica aggredire tumori che prima richiedevano il sacrificio dell'intera unità renale, il numero di tumorectomie renali è notevolmente aumentato rispetto a quando la chirurgia del tumore del rene era eseguita in modo tradizionale a cielo aperto.

Inoltre, anche nella mia esperienza la chirurgia robotica ha comportato una riduzione significativa delle giornate di degenza rispetto l’intervento a cielo aperto; i dati dell’esperienza modenese sono stati presentati al congresso della Society of Robotic Surgery, Orlando, Florida (Figura 5).

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Figura 5. Abstract sulla nefrectomia parziale robotica, SRS 2022

3. Ruolo della nefrectomia radicale robotica

Sebbene l'intenzione iniziale sia sempre quella di conservare il più possibile tessuto renale sano, a volte ci troviamo a dover trattare chirurgicamente lesioni che, per dimensioni o caratteristiche, non consentono il risparmio di parenchima. In tali situazioni, si propende per la nefrectomia radicale, ossia l'asportazione integrale del rene, contenuto nella capsula adiposa che lo circonda.

Le fasi iniziali dell'intervento sono le stesse descritte sopra per la tumorectomia renale robotica. In questo caso, però, una volta isolate le varie strutture anatomiche, si procede alla chiusura dei rami arteriosi e venosi diretti al rene in questione, e dell'uretere che da esso si diparte. Una volta staccato integralmente il rene dai tessuti circostanti, si perfeziona l'emostasi e si rimuove il pezzo operatorio, allargando di qualche centimetro una delle brecce utilizzate in precedenza per l'introduzione degli strumenti robotici.

Nei pazienti non affetti da insufficienza renale, la qualità di vita a seguito di intervento di nefrectomia radicale è assolutamente sovrapponibile al preoperatorio. Il rene rimasto, nella maggior parte dei casi, va a sostituire funzionalmente il rene rimosso e la funzionalità renale globale non è danneggiata. Per fare una metafora automobilistica, si va semplicemente a rimuovere la ruota di scorta dalla macchina. Per coloro che già da prima dell'intervento si presentano con una funzionalità renale non ottimale, è possibile che nel post-operatorio si debba ricorrere a modifiche nello stile di vita, a terapie mediche di supporto o, solo nei casi più estremi, alla dialisi.

Come nel caso della tumorectomia renale, la chirurgia robotica contribuisce a ridurre i rischi generici dell’intervento e a ridurre la degenza post-operatoria e il recupero di una qualità di vita soddisfacente da parte del paziente. L'esecuzione di nefrectomie radicali a cielo aperto, viene pertanto riservata solo nei casi di lesioni tumorali estremamente voluminose o infiltranti vena cava o organi adiacenti.