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Quando mi hanno dato la notizia che avevo un carcinoma prostatico era il giugno del 2012. Io avevo 57 anni, piuttosto giovane, quindi, per la media dei pazienti colpiti da questo tipo di tumore. I due medici stavano davanti a me e tenevano tra le mani la busta col risultato della biopsia che avevo fatto appena 20 giorni prima. Sono stati loro a darmi la notizia e lo hanno fatto con la più grande umanità possibile, spiegandomi tutto per filo e per segno.

Avevo sempre avuto timore dei medici: una cosa stupida, che capisco solo adesso. Erano passati 5 anni dall’ultimo controllo. Poi, mi ero fatto coraggio e, nel maggio del 2012, avevo deciso di farmi visitare e subito mi avevano detto che c’era qualcosa che non andava alla prostata. Il mio Psa era a quota 7,10.

Era strano: avevo avuto paura di farmi visitare ma adesso che i dottori mi dicevano che avevo un tumore, quasi mi sembrava che quella notizia non fosse diretta a me, che non fossi io il malato ma una persona che conoscevo appena. Sono rimasto in uno stato di trance che, forse, mi ha impedito di non farmi prendere dal panico.

I dottori mi prospettano subito 3 soluzioni: la cura farmacologica, l’intervento chirurgico tradizionale e quello, invece, con il robot. Io conoscevo la laparoscopia ma non il robot. Un robot che mi opera in maniera assolutamente non invasiva, con una precisione assoluta, che non lascia ferite grandi e che permette una convalescenza più corta e meno dolorosa.
Io ho detto subito sì: “scelgo la chirurgia robotica”, ho detto loro. Non ho avuto dubbi al riguardo ed è stato facilissimo, per me, scegliere. Mi sono sentito di fidarmi e ho deciso di operarmi col robot.

Mi dissero che avrebbero dovuto asportare l’intera prostata. L’intervento sarebbe stato condotto dal Dottor Bernardo Rocco, che io conoscevo per fama: in particolare, una mia conoscenza mi aveva raccontato quanto fosse bravo, che aveva lavorato in America con i più grandi esperti di chirurgia robotica del mondo. Mi sono sentito più tranquillo.

I medici mi spiegarono che, dopo l’intervento, avrei avuto due problemi: l’incontinenza urinaria mi avrebbe costretto a portare il pannolone, sì, ma la cosa si sarebbe risolta nel giro di sei mesi. Il secondo problema era invece quello sessuale: il robot, essendo molto preciso, consente di mantenere e recuperare la capacità erettile del membro.

Trascorro l’estate a fare esami medici e a portare avanti una vita normale: il tumore alla prostata è, spesso, un malattia silente. Forse per questo io, durante quella lunga estate, parlavo molto della mia malattia, così come mi avevano consigliato i medici: mi sfogavo, mi aprivo, mi confidavo e mi sentivo meglio.

Arriva ottobre. Nel frattempo, il mio Psa aveva oltrepassato quota 11. Il mio intervento è fissato per l’8 ottobre. Quando arriva quel giorno, io mi ritrovo solo, anche perché, nel frattempo, il mio matrimonio è naufragato. Entro in sala operatoria, forse proprio perché sapevano che fuori non mi aspettava nessuno, tutti, nell’equipe medica, mi davano conforto: mi facevano parlare, mi accarezzavano, mi trattavano con una straordinaria umanità e dolcezza.

Mi sveglio e mi portano in terapia intensiva, a causa dei miei problemi di cuore: ho 4 bypass. Rimango lì 24 ore, poi altri tre giorni e, alla fine, mi mandano a casa. Tengo il catetere per nemmeno una settimana: non ho problemi di dolori ma il primo mese è duro a causa dell’incontinenza. Dopo 30 giorni, al controllo, la mia Psa è praticamente a zero: sono ufficialmente guarito.
Continuo con la riabilitazione a casa: i medici mi hanno dato un manuale che seguo meticolosamente e mi dice esattamente cosa fare. Continuo anche con le visite di controllo mentre, in appena 4 mesi, il problema di incontinenza è risolto.

Sono passati 7 mesi dall’intervento: so che hanno asportato tutta la prostata e, con essa, 29 linfonodi. Un record, mi hanno spiegato i medici. Purtroppo ancora ho il problema sessuale, il dottor mi ha detto che il tumore aveva colpito un fascio di nervi erigenti che è stato sacrificato perché troppo in prossimità del nucleo del carcinoma: probabilmente potevano essere già intaccati dal tumore.

Ora, ho erezioni a circa il 60 per cento. La mia libido è rimasta intatta e continuo ad avere orgasmi, anche se senza emissione di sperma, ovviamente. So che farmaci specifici possono aiutare l’erezione: con l’ok del mio cardiologo inizierò a utilizzarli. Ma adesso, la cosa che mi più mi gratifica è essere guarito. Io sono ottimista di natura, ma, per come sono stato seguito, ora sono tranquillo: i medici hanno saputo prendersi cura di me.

Romano Angelo