Milano, 3 settembre 2015 - 09:29

La prostata ingrossata si può curare anche con le «mollette»

Si rientra a casa in giornata dopo un intervento mininvasivo di pochi minuti, che dà sollievo ai sintomi dell'ipertrofia e mantiene la capacità di eiaculazione

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La prostata ingrossata è un problema molto comune fra gli uomini: dopo i 50 anni, ne soffre circa uno su sette. Per risolverla, quando i sintomi diventano fastidiosi, ora esiste un'alternativa alla resezione della ghiandola: si chiama Urolift ed è un intervento mininvasivo che si sta diffondendo anche nel nostro Paese, da riservare a casi selezionati ma in grado di risolvere il disturbo quando non è in stadio troppo avanzato, come ha confermato uno studio internazionale pubblicato di recente su European Urology.

«Mollette che curano»

Quando la prostata si ingrossa va a premere sul canale urinario: per questo i sintomi vanno dalla necessità di urinare molto spesso alla sensazione di urgenza, dal bruciore al flusso debole. Per eliminare l'ostacolo finora si poteva scegliere fra i farmaci (per frenare l'ulteriore ingrossamento della ghiandola e rilassarne la muscolatura liscia, così da non bloccare il flusso di urina) e la rimozione chirurgica della prostata; da qualche tempo esiste però una soluzione intermedia, da riservare a casi specifici, che non costringe al bisturi ma può risolvere i sintomi dei pazienti liberandoli dalla necessità di prendere medicine. Si chiama Urolift e si sta diffondendo anche in Italia perché è un metodo relativamente semplice ma con alcune utili caratteristiche, come spiega Bernardo Rocco dell'unità di urologia della Fondazione Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano: «Con il paziente leggermente sedato si entra nell'uretra attraverso un cistoscopio, quindi si inseriscono speciali “mollette” sulla prostata per stringerne i lobi e ridurre la pressione della ghiandola sul canale urinario. Bastano dai 15 ai 30 minuti, spesso il paziente può rientrare a casa già in mattinata».

Selezionare i candidati

Il metodo è per molti, ma non per tutti. «I candidati ideali hanno una prostata ancora abbastanza piccola, con una forma regolare e l'ostruzione dovuta soltanto alla «pressione» dei lobi laterali; i sintomi devono essere moderati ma non gravi – spiega Rocco –. Se si seleziona bene il paziente da trattare, il sollievo dai disturbi è molto buono; la tecnica non ha grosse controindicazioni e può essere utilizzata anche in soggetti anziani fragili, inoltre non preclude il ricorso successivo alla chirurgia se ce ne fosse bisogno. Di fatto si pone a metà fra i farmaci e la resezione della ghiandola: si tratta infatti di un impianto definitivo vantaggioso rispetto al dover prendere medicine tutti i giorni, un po' come la spirale nei confronti della pillola contraccettiva; tuttavia, la chirurgia garantisce una ripresa del flusso urinario maggiore e rimane indicata per chi ha la prostata molto ingrossata». La tecnica però ha un beneficio: mentre il bisturi porta alla mancata uscita del liquido seminale durante i rapporti sessuali, Urolift non incide in alcun modo nella capacità eiaculatoria. «La resezione della prostata non lede l'erezione né impedisce i rapporti sessuali, ma per molti la mancata eiaculazione è un cruccio», osserva Rocco.

I costi

Resta il neo dei costi: ogni «molletta» costa circa 750 euro e spesso se ne devono impiantare tre o quattro, mentre i materiali necessari alla resezione chirurgica costano poco più di cento euro. «Va detto però che le altre voci di spesa consentono di risparmiare rispetto alla chirurgia classica: il bisturi comporta un paio d'ore di sala operatoria e quattro o cinque giorni di degenza, con le “mollette” basta mezz'ora di intervento e quasi sempre si rientra a casa in giornata. Inoltre, per il recupero completo servono circa sei mesi dopo la chirurgia, ne bastano tre con Urolift: calcolando perciò i costi diretti e indiretti, la tecnica mininvasiva non è così dispendiosa come appare a prima vista», conclude l'urologo.

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