Il Tumore Vescicale e la sua Terapia Chirurgica

Il Tumore Vescicale e la sua Terapia Chirurgica

La vescica è un organo muscolare cavo di forma sferica, situato nell’addome inferiore, all’interno della pelvi, nella sua parte più profonda al davanti del retto, che è il tratto terminale dell’intestino, e appena di sopra della prostata.
Avendo pareti elastico muscolari, ha la capacità di trattenere le urine e di espellerle contraendosi.
Il tumore alla vescica è causato dalla trasformazione a carattere maligno delle cellule che si trovano sulla superficie interna dell’organo stesso. In modo particolare, le neoplasie, che hanno forma papillare (piccole protuberanze) infiltrano la parete della vescica. Più raramente, invece, le neoplasie assumono forma piatta o nodulare.
Il carcinoma alla vescica è la malattia più frequente che colpisce tale organo e spesso si parla di carcinoma uroteliale (UCC), poiché le neoplasie si formano nell’urotelio, il tessuto epiteliale della vescica urinaria. Nel 95% dei casi il tumore alla vescica si manifesta sotto forma di carcinoma a cellule di transizione; per questo motivo, si parla anche di carcinoma transizionale (TCC), quando ci si riferisce al tumore vescicale.
Esistono altre forme di cancro alla vescica, che, comunque risultano essere meno frequenti: l’adenocarcinoma e il carcinoma squamoso primitivo.

DIFFUSIONE

In ambito urologico il cancro alla vescica è uno dei più diffusi, dopo quello della prostata e rappresenta il 3% di tutti i tumori che possono colpire l’organismo. Colpisce maggiormente la popolazione maschile rispetto a quella femminile e risulta essere più diffuso negli over 60. In base ai dati del Registro dei tumori, in Italia nell’anno 2012 sono stati diagnosticati 24.500 casi di tumore vescicale. Nel 2013 negli Stati Uniti circa 587426 persone avevano il tumore e indicativamente il 77,5% di esse sono sopravvissute. Anche in Italia la sopravvivenza supera il 70% dei casi.

FATTORI DI RISCHIO

Il principale fattore di rischio è rappresentato dal fumo di sigaretta. Esistono, tuttavia, altri fattori di rischio, quali: la continua esposizione ad ammine aromatiche e nitrosammine (sostanze tossiche diffuse nelle industrie tessili e manifatturiere), la dieta ricca di alimenti grassi e fritti. Infine, è stata dimostrata una possibile componente genetica legata allo sviluppo della malattia.

PREVENZIONE

Ad oggi non sono stati ancora individuati programmi di screening o metodi di diagnosi precoce.
E’ importante modificare le abitudini di vita, cioè smettere di fumare, se si fuma, mangiare in modo sano ed equilibrato (dieta mediterranea), intervenire sui lavoratori a rischio. La ricerca si sta concentrando anche sulla possibile individuazione dei biomarcatori tumorali nelle urine e nel sangue.

SINTOMI

L’ematuria (sangue nelle urine) può essere il primo campanellino d’allarme per il tumore vescicale. La frequenza e l’urgenza urinaria così come la nicturia (risvegli notturni per urinare) anche se nella maggioranza dei casi sono da riferire ad un semplice ingrossamento della prostata, possono essere il segnale di un tumore che interessa la parete anteriore della vescica. Quando, invece, il tumore si trova sul collo della vescica, possono verificarsi casi di disuria ostruttiva (difficoltà nella minzione) e di stranguria (flusso di urina intermittente, a gocce). Quando il tumore è avanzato e infiltra gli sbocchi ureterali, i reni e l’uretere possono dilatarsi, provocando dolore al fianco.

DIAGNOSI

A seguito di una visita urologica, consigliata in caso di presenza di sangue nelle urine, lo specialista suggerisce un’ecografia dell’apparato urinario. Un altro step nella diagnosi di un tumore vescicale è dato dall’esame citologico urinario. Il paziente deve raccogliere preferibilmente la prima urina mattutina per tre giorni consecutivi. Dopo la raccolta, l’urina deve essere fissata in modo che le cellule non subiscano processi di alterazione prima di essere analizzate in laboratorio.
Inoltre, lo specialista può chiedere al paziente di sottoporsi a TAC o a RMN con mezzo di contrasto, per verificare la presenza di neoformazioni.
L’esame più accurato nella diagnosi di un carcinoma vescicale è la CISTOSCOPIA.
La cistoscopia è una procedura diagnostica endoscopica finalizzata all’esplorazione interna della vescica e dell’uretra, attraverso l’utilizzo del cistoscopio. Si tratta di uno strumento a forma di tubo con all’interno un’ottica collegata ad un monitor, che permette all’urologo di visualizzare in tempo reale eventuali anomalie nel tessuto vescicale. Di solito, si utilizza il cistoscopio rigido nelle donne, che hanno un’uretra di lunghezza inferiore rispetto agli uomini (4 cm nelle donne – 18/20 cm negli uomini). Per gli uomini, è preferibile utilizzare il cistoscopio flessibile, che causa minor fastidio durante l’ispezione. Per eseguire la cistoscopia, è necessario introdurre soluzione fisiologica nella vescica in modo che l’organo venga disteso. Inoltre, viene inserita una sostanza anestetica nell’uretra al fine di ridurre l’eventuale fastidio.
Se durante l’esame la parete della vescica è liscia e la vescica presenta normali dimensioni, forma e posizione, significa che probabilmente è tutto nella norma. In questo caso, il medico può subito informare il paziente. Al contrario, se viene identificata la presenza di una malattia evidente in vescica è necessario il successivo ricovero per effettuare la TURV ( vedi paragrafo seguente). Se, invece, l’urologo ha prelevato un campione di tessuto per eseguire una biopsia, sono necessari alcuni giorni per poter comunicare al paziente il risultato dell’esame.
Dopo la cistoscopia, il paziente può sentire dolore all’uretra e può notare tracce ematiche nelle urine per uno-due giorni. Il medico prescrive degli antidolorifici o degli antibiotici, se è utile prevenire possibili infezioni. Si raccomanda, in ogni caso, di riposare, evitare sforzi fisici o attività sessuale fino alla scomparsa del dolore.
Qualora venga accertata, invece, la presenza di neoformazioni o zone sospette, l’urologo può suggerire al paziente di sottoporsi ad una TURV.

CLASSIFICAZIONE DEL TUMORE VESCICALE

Nella stragrande maggioranza i tumori della vescica derivano dell’epitelio di transizione, sono pertanto carcinomi transizionali (o uroteliali): possono essere a forma di papilla o piatti e possono essere infiltranti o non infiltranti.

  • non muscolo-invasivi, nei quali la malattia è confinata alla tonaca mucosa, stadi Ta e Tis secondo la classificazione TNM, o alla sottomucosa, stadio T1 secondo TNM
  • muscolo-invasivi, nei quali la neoplasia ha invaso o superato la tonaca muscolare (stadi T2-T4 secondo TNM)

Oltre alla classificazione TNM (tabella 1) i carcinomi della vescica vengono classificati in gradi utilizzando i criteri della WHO (World Health Organization – Organizzazione Mondiale della Sanità) del 1973, aggiornati nel 2004.
La classificazione più recente introduce la neoplasia papillare uroteliale a basso grado di potenzialità maligna (PUNLMP), che istologicamente si caratterizza per l’assenza di aspetti citologici di malignità mostrando cellule di aspetto normale ma con configurazione papillifera.

Tabella 1 – TMN
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Molto più raramente, nella vescica si verificano carcinomi squamosi o adenocarcinomi

TURV

La TURV o resezione transuretrale della vescica è una procedura endoscopica che ha la finalità di asportare neoformazioni presenti sulla parete vescicale.
La resezione del tessuto vescicale tramite TURV consente di verificare la reale presenza di malattia ( ci sono alcuni casi in cui forme di cistite o altra mima la presenza di un tumore che in realtà non viene confermato) e quando la malattia è presente consente di verificarne l’estensione e le caratteristiche.
Una malattia superficiale e di basso grado potrà essere debellata da una sola TURV, mentre una malattia superficiale ma aggressiva potrà avere bisogno di trattamenti endovescicali e ulteriori TURV; una malattia che invade gli strati più profondi della vescica (tonaca muscolare) richiederà un successivo intervento più demolitivo con la rimozione completa della vescica. (cistectomia)

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Il paziente è in posizione supina ed ha le gambe rialzate sostenute da gambali. Il resettore viene introdotto attraverso l’uretra e raggiunge la cavità vescicale che viene distesa con soluzione irrigante. Le lesioni e/o neoplasie vescicali vengono rimosse con l’uso di anse da resezione che portano la corrente di un elettrobisturi; tali anse scorrendo dentro la lesione la asportano a fettine dalla sommità fino alla base (resezione). Completata l’asportazione delle lesioni vescicali, si procede alla coagulazione delle aree di resezione per l’emostasi. L’intervento si conclude spesso con il posizionamento di un catetere vescicale a 3 vie per il lavaggio continuo della vescica; la fuoriuscita di liquido di lavaggio chiaro è indice di una buona emostasi. La durata dell’intervento varia da 10 minuti a 90 minuti, talora anche oltre, in rapporto al numero e alle dimensioni delle lesioni o neoformazioni da asportare. L’intervento può essere eseguito in anestesia spinale o generale.

Benefici attesi e probabilità di successo e insuccesso:

L’intervento permette di risolvere la macroematuira (sangue nelle urine) e l’asportazione della neoformazione che causa l’eventuale sanguinamento Possono essere asportate in maniera radicale neoformazioni non infiltranti la parete vescicale. Il materiale asportato verrà analizzato dall’anatomopatologo, che fornirà informazioni indispensabili per il proseguimento delle cure. In caso di malattia molto estesa potrebbe essere necessario sottoporsi ad un secondo intervento di completamento. Nel caso in cui la malattia infiltri la parete muscolare, l’intervento potrebbe non essere curativo.

Rischi connessi con l’intervento:

  • Perforazione vescicale: può essere extraperitoneale, ed essere risolta con il semplice cateterismo, o intraperitoneale; in quest’ultimo caso se la perforazione è ampia può richiedere una riparazione “a cielo aperto” (cioè con incisione chirurgica e preparazione della vescica) specie se coinvolge organi vicini come l’intestino.
  • Emorragia: nel 2-13% necessita di emotrasfusioni. In caso di sanguinamenti persistenti potrebbe essere necessario un intervento endoscopico in urgenza
  • Lesione dell’uretere: possibile quando la lesione riveste il suo sbocco in vescica (meato). Talvolta può essere necessario porre un tutore dentro l’uretere per favorirne la guarigione.
  • Lesione dell’uretra: quasi sempre risolvibile con il solo cateterismo, posso residuare restringimenti “ stenosi” del canale uretrale.
  • Sindrome da riassorbimento dei liquidi: è una complicanza rara, dovuta al riassorbimento dei liquidi utilizzati durante l’intervento e che può portare a complicanze quali l’edema polmonare, l’insufficienza renale e l’edema cerebrale.
  • Orchiepididimite
  • Infezioni urinarie

Possibili conseguenze e problemi di recupero:

  • Ritenzione urinaria: solitamente temporanea, specie se sono coesistenti cause ostruttive (ipertrofia prostatica benigna nell’uomo).
  • Ematuria (presenza di sangue nelle urine) con ritenzione di coaguli: può richiedere dei lavaggi della vescica per rimuovere i coaguli.
  • Idronefrosi: se la resezione interessa lo sbocco dell’uretere in vescica. Altre complicanze possono essere la stenosi dell’uretra e l’infezione urinaria.
  • In caso di persistenza di sanguinamento, è necessaria una convalescenza più prolungata con la possibile perdita di giorni lavorativi

LA CISTECTOMIA

La cistectomia è l’intervento che porta alla rimozione della vescica e dei linfonodi regionali
Tradizionalmente la cistectomia viene eseguita in modalità tradizionale aperta (open); si tratta di un intervento lungo e impegnativo, gravato spesso da perdite ematiche significative e un tempo di recupero piuttosto lungo.
Più recentemente, grazie ai nuovi sistemi di chirurgia robotizzata, la cistectomia laparoscopica robotica assistita o cistectomia robotica Da Vinci (RARC – Robot Assisted Radical Cystectomy) consente di ridurre l’impatto dell’intervento sul paziente minimizzando le perdite ematiche e favorendo un più rapido recupero post operatorio.
Questo tipo di chirurgia risulta meno invasivo e permette al chirurgo di eseguire movimenti più precisi e minimizzando l’impatto sui tessuti perivescicali e peri prostatici con conseguente possibile beneficio sulla potenza sessuale e sulla continenza. Di fatto, il chirurgo che è seduto alla console, postazione dotata di monitor e comandi, ha modo di muovere i bracci del robot, a loro volta collegati agli strumenti endoscopici. Il campo operatorio è proiettato in tre dimensioni, attraverso immagini nitide ad alta risoluzione.
L’intervento di cistectomia radicale viene eseguito in anestesia generale e può avere una durata di 6-7 ore.

Vantaggi della cistectomia robotica rispetto alla cistectomia tradizionale:

  • Chirurgia mininvasiva (solo sei piccole incisioni nella cavità addominale inferiore)
  • Minor perdita di sangue
  • Minor necessità di trasfusioni di sangue
  • Minor necessità di assumere antidolorifici dopo l’intervento
  • Degenza ospedaliera ridotta
  • Possibilità di minimizzare l’impatto sui nervi dell’erezione
  • Maggior precisione nell’esecuzione della procedura da parte del chirurgo

DERIVAZIONI URINARIE

Dopo la rimozione della vescica è necessario derivare le urine, ovvero permettere alle stesse di essere espulse dall’organismo senza la presenza della vescica. La valutazione del tipo di derivazione urinaria spetta al chirurgo, che deve analizzare l’età del paziente, la sua situazione clinica, fisica e la sua condizione dopo l’asportazione della vescica.

Derivazioni eterotopiche non continenti:

  • Ureterocutaneostomia: dopo aver rimosso la vescica, i due tubicini che portano l’urina fuori dai reni ( ureteri) vengono cuciti ( anastomizzati) direttamente alla cute della pancia con due sacchetti, uno a destra e uno a sinistra dell’ombelico. In questa derivazione che è la semplice vengono inseriti due cateterini negli ureteri che devono essere sempre cambiati ogni 30-35 giorni ambulatorialmente.
  • Ureteroileocutaneostomia (Bricker/Wallace): viene utilizzato un segmento di intestino di circa 10-15 cm al quale vengono collegati gli ureteri. Il segmento ileale viene cucito (anastomizzato) alla cute nella parte inferiore destra dell’addome. Attorno alla stomia, viene posizionato un sacchetto che serve a raccogliere le urine. Questo tipo di derivazione può comportare delle complicanze, quali: infezioni alle vie urinarie, fistole e necrosi del segmento intestinale, calcolosi ed insufficienza renale. Il vantaggio rispetto alla precedente che non essendoci nessun cateterino, non è necessario alcuna manovra ambulatoriale, se non le visite di controllo; inoltre, la presenza del segmento intestinale funge da barriera fra le vie urinare e l’esterno, limitando le possibili infezioni.
  • Neovescica (vescica ortotopica): viene creata una nuova vescica utilizzando circa 50-55 cm di tessuto ileale (neovescica ileale). Il segmento intestinale viene modellato in modo da creare un sacchetto di forma sferica a bassa pressione, che viene inserito nella cavità pelvica. In seguito, la neovescica viene collegata all’uretra e agli ureteri, al fine di consentire al paziente di urinare normalmente.

DOPO LA DIMISSIONE

La lettera di dimissioni conterrà tutte le indicazioni che il paziente dovrà seguire, inclusi i controlli e gli esami che andranno eseguiti dopo l’intervento.
Durante i primi giorni dopo la cistectomia è normale avere perdite di urina, soprattutto di notte. Questo è dovuto al fatto che è necessario abituarsi alla nuova situazione e a riassumere il controllo dello stimolo minzionale. Generalmente dopo tre mesi dall’intervento si torna ad essere continenti sia durante il giorno sia durante la notte.

Complicanze post-operatorie

  • Cedimento delle anastomosi, ossia delle suture tra neovescica e ureteri o tra le parti dell’intestino e la cute addominale
  • Infezioni
  • Difficoltà nell’autocateterismo
  • Reflusso ureterale
  • Calcolosi
  • Ritenzione urinaria
  • Rottura della neovescica

Alimentazione
La neovescica comporta una maggior perdita di acqua e sali; per questo motivo, è consigliata l’assunzione di circa 2 litri d’acqua al giorno, di succhi di frutta, brodo e integratori. Non bisogna eccedere nel consumo di alcoolici e bisogna prestare attenzione all’attività intestinale, includendo nella dieta una buona quantità di frutta e verdura.

Attività fisica
Si consiglia di non svolgere attività fisica per circa quattro – sei settimane dall’intervento di cistectomia. Evitando gli sforzi, la ferita ha modo di cicatrizzarsi e si evitano complicanze a livello di continenza, eventualmente dovute a una lesione delle suture. Risulta utile, invece, camminare, salire le scale o andare in bicicletta.

Attività sessuale
Al fine di avere erezioni spontanee, è necessario che durante l’intervento vengano risparmiati i nervi legati all’erezione. La ripresa di una piena attività sessuale dipende dall’età del paziente, dalla gravità della malattia, dalla potenza sessuale pre-operatoria e dalla condizione post-operatoria. Generalmente la ripresa della funzionalità sessuale è buona, anche se durante i primi rapporti dopo l’intervento è normale avere erezioni di breve durata. L’urologo potrà consigliare l’utilizzo di farmaci per stimolare la circolazione del sangue nel pene e favorire erezioni di maggior durata, in modo da avere maggior facilità nella penetrazione. Infine, è importante ricordare che, poiché sono stati rimossi sia la prostata che le vescicole seminali, non ci sarà eiaculazione dopo l’orgasmo.