Anomalia del Giunto Pielo-Ureterale

Anomalia del Giunto Pielo-Ureterale

Il punto di connessione tra la pelvi (o bacinetto) renale e l’uretere è detto “giunto pieloureterale”.

Il suo restringimento (cosiddetto “stenosi”), costituisce un ostacolo al normale deflusso dell’urina, che, di conseguenza, si accumulerà a livello del bacinetto renale, provocandone la dilatazione (definita, in termini medici, “pielectasia”). Tale dilatazione si estenderà progressivamente alle rimanenti cavità escretrici (i calici renali, divenendo una “calico-pielectasia”), con conseguente progressiva sofferenza del parenchima renale, causata dalla compressione da parte dell’urina che si accumula. Il danno generato dall’aumento della pressione all’interno delle cavità escretrici, se protratto per lungo tempo può portare anche alla perdita della funzionalità del rene interessato!

Ricordiamo che il rene è uno dei più importanti “filtri” del nostro organismo, e che è proprio il parenchima renale ad espletare tale funzione. Per questo è intuitivo comprendere come l’anomalia del giunto pielo-ureterale, possa portare, se protratta nel tempo, all’insufficienza renale.

Il problema dell’anomalia del giunto pielo-ureterale è il fatto che si tratti di una patologia spesso subdola, che ha modo di evolvere in modo silente fino ad un certo punto. I sintomi nella maggior parte dei casi si osservano con gradi estremi di dilatazione pielo-caliceale.

Quando presente, la sintomatologia si manifesta sotto forma di vere e proprie coliche renali o con dolore addominale diffuso, un senso di dolore gravativo lombare e al fianco. La sintomatologia dolorosa è dovuta alla dilatazione della capsula renale, e trasmessa dall’innervazione della stessa.

Vista la maggior suscettibilità alle infezioni dovuta alla presenza di urine stagnanti, possono essere riportati sintomi conseguenza di un’infezione delle vie urinarie.

Come accennato, nei pazienti con anomalia del giunto pielo-ureterale di lunga data, mai diagnosticata prima, in caso di perdita importante della funzionalità renale, si può arrivare fino ai segni e sintomi dell’insufficienza renale (nausea cronica, associata a vomito ed eventualmente ipertensione arteriosa). Il neonato / bambino potrà presentare scarso appetito e ritardo della crescita.

La stenosi del giunto pielo-ureterale può essere infatti congenita (il soggetto verosimilmente è nato con il restringimento del punto di connessione tra uretere e pelvi renale, o acquisita (per una serie di motivi, il soggetto, in etá adulta, sviluppa il restringimento).

Sebbene nella maggior parte dei casi si tratti di una condizione congenita, la patologia spesso si manifesta tardivamente. È difficile, tra le forme a manifestazione tardiva, discriminare tra le forme veramente acquisite e le forme congenite a diagnosi tardiva.

In ogni caso, le cause dell’ostruzione possono essere intrinseche o estrinseche.

Nel primo caso, si tratta di una vera e propria malformazione del giunto pielo-ureterale; nel secondo caso, la giunzione pielo-ureterale è compressa dall’esterno: quasi sempre, trattasi di vasi sanguigni, generalmente un vaso anomalo che “scavalca” l’uretere, strozzandolo e riducendo il lume del piccolo tubo dell’uretere. In casi più rari, più caratteristicamente dell’adulto, la compressione è provocata dallo sviluppo di tessuto fibrotico sviluppatosi in seguito a ripetute infezioni renali.

Le indicazioni a procedere ad intervento chirurgico per correggere tale anomalia includono la presenza di sintomi associati all’ostruzione (inclusi il dolore cronico, refrattario al trattamento con farmaci anti-dolorifici, e le infezioni delle vie urinarie recidivanti, anch’esse refrattarie al trattamento con i comuni antibiotici per lo sviluppo di resistenze da parte dei batteri), la riduzione della funzionalità renale e la presenza di ipertensione arteriosa (nei casi in cui l’ipertensione sia correlabile all’anomalia). L’obiettivo principale dell’intervento è la risoluzione dell’ostruzione finalizzata alla preservazione o addirittura al miglioramento della funzionalità renale.

Diagnosi
Poiché, come detto, si tratta di una patologia subdola nella maggior parte dei casi, la diagnosi è molto spesso incidentale: generalmente, avviene per riscontro di una dilatazione delle vie escretrici (pelvi e calici renali) in corso di un’ecografia eseguita in corso di accertamenti per altra patologia o per controllo di altri organi o apparati.

Fortunatamente, l’introduzione dell’ecografia nei protocolli di valutazione prenatale, permette oggi di diagnosticare precocemente un’eventuale anomalia del giunto pieloureterale.

Dopo il riscontro di una dilatazione del bacinetto renale in un paziente adulto, si procederà con ulteriori accertamenti diagnostici volti a valutare l’entità del problema: qualora la funzionalità renale del paziente non sia seriamente compromessa, si procederà all’esecuzione di una TAC con pose urografiche (per valutare accuratamente la morfologia delle vie urinarie – tale esame si sostituisce alla più vecchia Urografia endovenosa, che forniva anch’essa uno studio anatomico e funzionale dei reni e delle vie urinarie). Fondamentale è inoltre la Scintigrafia renale sequenziale, che permette uno studio computerizzato della funzionalità renale, stimando, per ognuno dei due reni, il contributo percentuale alla funzione renale, dando inoltre una valutazione dell’entità dell’ostruzione al deflusso dell’urina.

Trattamento
Il trattamento dell’anomalia del giunto pielo-ureterale è chirurgico o per lo meno interventistico, ed è volto ad “allargare” il punto di restringimento (appunto, la stenosi del giunto pielo-ureterale), per consentire nuovamente alle urine di passare più agevolmente. Può essere realizzato con varie metodiche: da radiologi interventisti o endourologi, mediante dilatazione progressiva; mediante incisione endoscopica o, infine, con plastica del giunto pielo-ureterale (la cosiddetta “
pieloplastica”), in corso di intervento chirurgico.

La pieloplastica può essere eseguita mediante approccio chirurgico a cielo aperto o mediante tecniche mini-invasive. L’approccio a cielo aperto è oggi pressoché abbandonato, in favore delle tecniche mini-invasive, nello specifico la laparoscopia tradizionale o robot-assistita.

Brevemente, la pieloplastica consiste nella identificazione del giunto pielo-ureterale, nella sua dissezione, quindi nella sua sezione ed asportazione. Esatto, il tratto di giunzione stretto viene tolto, quindi il chirurgo procede a suturare le due porzioni di tubo per la conduzione dell’urina, cioè la pelvi renale e l’uretere a valle. Al termine della procedura l’uretere assicurerá un ampio passaggio per l’urina. Nel caso in cui sia presente un vaso anomalo che comprime il giunto pielo-ureterale, si procede con la sezione dell’uretere e si esegue la ricostruzione posizionando il vaso dietro alla pelvi. Al termine dell’intervento viene inserito un catetere ureterale (detto stent “a doppio J”), di protezione, che verrà rimosso (ambulatoriamente) dopo alcune settimane (generalmente 4). L’utilizzo degli stents, oltre ad accelerare i processi di guarigione, riduce l’incidenza di stravasi urinari nel punto di riparazione chirurgica e della fibrosi (cicatrizzazione esuberante) secondaria.

La pieloplastica è risolutiva in più del 95% dei casi, senza necessità di alcun trattamento aggiuntivo. L’intervento viene sempre eseguito in anestesia generale.

Come accennato, l’approccio laparoscopico oggi sempre più diffuso riproduce fedelmente gli stessi steps dell’intervento eseguito a cielo aperto, con medesimi risultati, ma con il vantaggio di una riduzione dell’invasività dell’intervento chirurgico.

Con la diffusione della tecnologia robotica, oggi l’intervento può essere eseguito mediante approccio laparoscopico robot-assistito, che consente notevoli vantaggi per il chirurgo e per il paziente, per via delle caratteristiche di micro-movimenti e visione tridimensionale che consentono gesti chirurgici più precisi.

Va segnalato che, nella esigua percentuale di pazienti che hanno una recidiva o una non risoluzione del problema, le probabilitá di riuscire a completare un secondo intervento di pieloplastica con approccio mini-invasivo si riducono, specialmente qualora si adotti un approccio laparoscopico puro, questo a causa di processi aderenziali legati a patologia infiammatoria o al pregressi intervento chirurgico.